Sono le quattordici e trenta . Vorrei essere in manifestazione con voi, care compagne e compagni NO TAV. Vi immagino in cammino dalla frazione Traduerivi, lungo quei terreni già occupati dall’ autoporto ed ora, se dovessero vincere i signori del TAV, condannati a diventare un’enorme discarica di veleni a cielo aperto, una montagna di detriti contenenti amianto e uranio, le viscere tratte dal ventre vivo della montagna.
Quei luoghi già messi a dura prova dall’ autostrada, ma che ancora resistono con gli scampoli di prato, la fascia boscosa dei pendii, le piccole case circondate da orti e giardini, sarebbero spazzati via o resi inabitabili come già avvenne a causa delle devastazioni autostradali.
E poi il traffico dei cantieri, le polveri dello smarino portate dai venti lungo tutta la valle a seminare malattia e morte. E la soppressione dei servizi ferroviari, i blocchi della circolazione sulle statali che faranno di Susa con le sue scuole, l’ospedale, gli uffici pubblici, un luogo irraggiungibile.
Contro tutto questo il movimento NO TAV è ancora in marcia, come sempre, col pessimismo della ragione tenuto a bada dall’ottimismo della volontà.
La lotta ci ha regalato tanto: ha fatto rinascere una collettività, ha fatto crescere coscienza critica, ha impedito l’interiorizzazione della sconfitta che impedisce a priori ogni conflitto, ha creato cultura, affetti e amicizie, sconfiggendo egoismi e arroganze.
Ecco la nostra ricchezza, la forza che ha dato speranza a tante lotte anche oltre la Valle, creando legami e Resistenze attive.
E’ questo che il potere invidioso e vendicativo imputa al movimento NO TAV, e contro di esso si è alzato il livello della repressione.
No, non è solo un treno: è un sistema contro cui lottiamo….e il prezzo da pagare è pesante, ma con noi resistono le cose belle della vita, la dignità, l’allegria di ritrovarsi e riconoscersi: le buone ragioni per cui lottare ancora, sempre!
Dai domiciliari un abbraccio, con rabbia e tenerezza. Nicoletta
Rose e cocci
Giorno di Pasqua. Pasqua sotto la pioggia.
Scoccano le nove, per me l’inizio dell’“ora d’aria”. Per tre ore posso muovermi all’interno dei confini comunali. Mi avvio col mio cane Gigio, fedele compagno delle mie uscite quotidiane.
Oggi niente “ posto delle fragole” (così chiamo lo scampolo di prati e bosco lungo la Dora che è diventato per Gigio e me il luogo del cuore): il fiume gonfio d’acqua ha invaso l’area di espansione e spinge minaccioso contro gli argini.
Il paese sembra deserto in questa mattinata di pioggia e nuvole basse. Solo qualche sparuto passante, poche auto sulle statali che si perdono in una spessa caligine.
Arriviamo al cimitero: prima la passeggiata nei prati che si stendono fuori dalle sue mura, poi la visita a Silv, per l’inutile quotidiano tentativo di un colloquio senza parole.
Gli acquazzoni degli ultimi giorni hanno ricoperto di verde tenero anche le tombe più abbandonate e si può cogliere il laborioso affaccendarsi dei merli tra le siepi di bosso e i rosai che, ridesti, protendono germogli e spine.
La pioggia canta, accarezza gli angeli addormentati, dà parvenze di vita anche ai fiori artificiali che in mazzi indistruttibili vegliano sui tumuli a perenne ricordo.
Gigio cammina paziente al mio fianco, annusando a tratti tracce per me invisibili.
Alla cappella dove le ceneri di Silv sono riposte accanto ai defunti di famiglia ci accoglie il silenzio di comunicazioni a senso unico, il sorriso di volti che ci guardano senza parole.
Mentre torniamo si sciolgono le campane del mezzogiorno: l’ora d’aria è finita ed ogni ritardo nel rientro a casa costituisce un reato per il codice della “giustizia” carceraria.
Comincia il pomeriggio di una domenica più che mai vuota. A rompere la monotonia, ad ora incerta, arriverà la scampanellata della pattuglia preposta al controllo quotidiano dei detenuti agli arresti domiciliari.
E intanto la vita se ne va, lasciando dietro di sé rose e cocci.
Piove.
Pioggia battente. Stanotte i tuoni del primo temporale di primavera.
In strada un fiume d’acqua: il consumo del suolo, la devastazione delle foreste, le bealere intubate, l’asfalto dove c’era l’erba, il dissesto idrogeologico generale fanno la loro parte. Le acque della Dora si allargano sui paesi del fondovalle.
In questa nostra Valle assediata dalla guerra del TAV anche la natura si ribella.