Lo incontrai quasi subito, alla nascita del PRC, a cui avevamo aderito anche noi, provenienti da una storia extraparlamentare, ma attenti a chi, pur con storie diverse dalla nostra, aveva detto NO alla prima guerra del Golfo…
Di lui colsi fin da subito la libertà irriducibile di pensiero, il rigore gramsciano e gobettiano della sua profonda, concreta cultura operaia e antifascista, la capacità di mettersi in discussione.
Il primo incontro fu, in realtà uno scontro, pacato ma fermo, sulla megacentrale idroelettrica di Venaus, che lui sosteneva, vedendola come alternativa al nucleare, mentre noi la criticavamo per l’inutilità, l’impatto ambientale , il taglio delle falde acquifere, la pericolosità degli scavi nelle rocce amiantifere. Egli rifletté sulle nostre ragioni e pochi giorni dopo, mi cercò per regalarmi il diario della sua infanzia in una famiglia operaia e socialista della Torino dove i quartieri popolari si contrapponevano alle “Ville dei pescecani” industriali e gerarchi.
Gianni, il partigiano che non mise mai nel cassetto la sua storia di comunista libertario. Gianni che ricoprì cariche istituzionali senza farsi catturare dalle istituzioni, ma confrontandosi costantemente col popolo che lo aveva espresso.
Gianni, amato dai giovani antagonisti, studenti di ieri (qualcuno, coinvolto da un suo intervento in un’assemblea scolastica, andò per la prima volta a votare, e votò per lui), resistenti di oggi.
Gianni intransigente con gli altri, ma prima di tutto con se stesso, lavoratore infaticabile contro lo sfruttamento dell’ uomo e della natura; capace di dire dei NO e di immaginare progetti alternativi, come quando, contro le fabbriche d’armi ( a Torino, l’Alenia ) si preoccupava di prefigurare una riconversione, a utilizzo civile e sanitario, di professionalità e strutture.
Lo rivedo sempre presente e puntuale ai comitati politici federali, che per lui non furono mai una scadenza burocratica né luoghi per la ratifica di volontà verticistiche, ma momenti di dibattito ai quali, quasi unico, si preparava scrupolosamente, con interventi ragionati e scritti.
Gianni che venne più volte alle Feste in Rosso Valsusine, a raccontarci il suo mitico passato partigiano, il suo incontro con il CHE, in una Cuba assediata dall’embargo USA.
Egli fu uno dei primi a condividere con convinzione il nostro NO TAV e il NO alla guerra che si fecero critica popolare all’avventura del governo Prodi. La sua chiarezza ci manca più che mai, oggi, in questi tempi di confusioni e di opportunismi
Gianni che amava teneramente Pierina, una donna dolce e forte, la sua compagna di sempre, alla cui morte egli non si rassegnò mai.
Gianni che domani ritornerà alla Federazione del PRC e alla Camera del Lavoro, ma riposerà per sempre a Lesa, nella malinconia del Lago Maggiore, per lui luogo di bellezza, patria della mente e del cuore.
Gianni che i compagni e i resistenti della Valle di Susa non dimenticheranno e il cui ricordo porterò con me, domani, nella Grecia che lotta per la vita e per la dignità.
Ad Atene, con la lotta e col cuore.
Penso ad Atene. Il cappio dell’Europa dei potenti si sta stringendo ad impiccare un popolo che resiste e propone per tutti altri mondi, un’ altra società, altri futuri, nel silenzio di chi, senza speranza e senza sogni, dimentica che, insieme, si lotta e ci si libera.
Ricordo le strade, i colori, la folla buona, la povertà dignitosa e ribelle di Atene.
Ricordo lo splendore dei viali di aranci, le osterie anarchiche di Exarchia, coi gatti che ti chiedono di condividere il cibo e le stradine piene di ragazzi e di dolcissimi cani.
E mi viene in mente, all’improvviso un negozietto di argenti e pietre dure, azzurro e rosso, nel quartiere di Plaka, in una zona senza traffico turistico, sul versante più impervio dell’Acropoli, con sentieri che si inerpicano tra piccoli cortili e spesso finiscono nel nulla: Mi affascinò la sua misteriosa semplicità affacciata sul ciottolato di una via deserta. Non vi entrai subito, però mi ripromisi di tornarvi. Ma, quando, scendendo dall’Acropoli, ripercorsi quei luoghi, lo stesso quartiere, la stessa strada, non ritrovai la piccola bottega, come se fosse scomparsa nel nulla.
Torno ad Atene, non solo per solidarietà umana e politica, ma come ad un luogo del cuore.
Libertà per i NO EXPO!
Continuano devastazione e saccheggio portati avanti da Expo.
Devastazione reale connaturata alle Grandi Opere e ai Grandi Eventi.
Devastazione culturale che porta frotte di visitatori pilotati e scolaresche eteroguidate ad imparare modelli di produzione e di vita che sono sfruttamento del Pianeta, devastazione degli ecosistemi ambientali e sociali, dominio della monocultura capitalistica sull’agricoltura di sussistenza legata ai bisogni reali dei territori,devastazione dell’ immaginario collettivo ad opera di mass media sudditi del Grande Fratello imperiale.
Saccheggio che le multinazionali, regine dell’Expo, portano avanti, sistematicamente, contro le popolazioni di tutto il mondo, con l’appropriazione violenta della terra, dell’acqua, dell’aria, dei semi, della sovranità popolare, della salute, della forza lavoro, delle case, delle culture, della bellezza che è componente essenziale della vita.
Expo imperversa, nonostante lo spreco di cibo buttato nei sacchi a perdere di una periferia devastata e affamata, malgrado i lavoratori sfruttati e non pagati, le strutture pericolanti, gli scheletri mafiosi nell’armadio, le connivenze di un sistema politico locale e nazionale che chiama a raccolta i “benpensanti” contro i dissidenti all’Expo, ma difende (e condivide) il sistema affaristico e guerrafondaio che dell’Expo è ragione e linfa vitale.
Intanto restano in carcere i cinque manifestanti del Primo Maggio NO Expo, presi a caso, come loro stessi testimoniano , e accusati di violenza, devastazione e saccheggio, per le vetrine infrante di una banca e l’incendio di alcune autovetture.
Alle donne e agli uomini di buona volontà non può non apparire inaccettabile la sproporzione, intollerabile la repressione, insostenibile il silenzio, urgente la richiesta di scarcerazione di queste ragazze e ragazzi che sono parte di noi, noi che questo sistema senza sogni e senza memoria, subdolo e violento, lo combattiamo, lo combatteremo sempre, a fianco dei popoli del mondo per cui l’Expo è vetrina di sfruttamento, devastazione , morte.