Diario ateniese

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Diario ateniese. Proletari senza rivoluzione.

Nuvole di temporale nel cielo di Atene, stamattina; la gran luce si è spenta e un vento freddo spira dal mare.
La natura si fa metafora del momento storico.
La vittoria di Syriza appare triste e precaria, posta com’è sotto la spada acuminata di Damocle.
Con la sconfitta di Unità Popolare viene meno una presenza coerente e dignitosa che avrebbe potuto portare nel palazzo la voce delle lotte e si consolida un parlamento pericolosamente squilibrato a destra, che vede crescere Alba Dorata nel Dodecaneso e al nord lungo le vie dell’esodo migratorio, là dove i derelitti in fuga dalle guerre e dalla fame si assiepano alle frontiere della fortezza Europa. Rimane, sì, il KKE, ma isolato e asserragliato.
Fuori dal palazzo c’è una popolazione impoverita e senza illusioni, che si prepara alla tempesta che verrà. L’astensione dal voto è quasi del 50%, segno di chi deluso torna a casa, ma anche di quanti si preparano a trasformare la delusione in conflitto senza deleghe.
Ha veramente poco da gioire il futuro governo Tsipras: gli dei invidiosi e vendicativi che siedono sul trono della fortezza Europa ne hanno già decretato la resa senza condizioni o la morte.
lo sanno bene i sostenitori di Syriza, che dopo i balli e i canti della vittoria, spenti i riflettori delle televisioni, ripiegate le bandiere, sfollavano silenziosi da piazza Klaftimonos, verso i Propilei, incontrando il tendone di Unità Popolare, in quella piazza che, solo otto mesi fa, visse il tripudio della prima, grande, gioiosa vittoria collettiva che prometteva contro il memorandum lotta ferma e coerente.
Sotto quel tendone, ho seguito, insieme alla delegazione italiana,  i risultati elettorali ed ho incontrato delusione sì, ma non abbattimento e men che meno pentimento; si respirava piuttosto la tranquilla tenacia di chi viene da lontano e sa adattare il passo alla  strada che ancora lo aspetta:  “abbiamo affrontato il golpe dei colonnelli, sapremo affrontare il golpe delle banche” ci ha detto un compagno nel salutarci.
La differenza la farà purtroppo il memorandum che da domani, secondo gli impegni, il governo uscito dalle urne dovrà applicare: allora si constaterà concretamente chi ha vinto e chi ha perso.

Dalla piccola stanza che è la mia casa ad Atene vedo scatenarsi la tempesta. Il giorno si è fatto notte; in cielo rotola cupo il carro di Zeus signore del tuono e del fulmine.
Oggi la città sembra precipitare nell’inverno, ma domani il sole tornerà a far splendere giardini e viali lavati dalla pioggia; e ci rimetteremo in cammino.

Il cielo di Atene è giá autunnale

Il cielo di Atene è giá autbandiera_greciaunnale; parlano d’autunno i colori dei giardini, i profumi portati dal vento; un autunno che inonda le antiche rovine, si insinua nel labirinto dei quartieri e va a morire in un tramonto struggente, senza fine.
Atene,città bella e ammutolita.
Cerco e non ritrovo il fervore delle piazze straripanti del gennaio quando Syriza vinse; né ritrovo la fermezzapopolare del NO referendanrio: l’assalto al cielo sembra spento.
In questi giorni di nuove elezioni la delusione pesa come un macigno e la sfiducia del popolo ricade su tutti, perché, quando si spegne la speranza e tardano a ripartire le lotte, si indebolisce anche la consapevolezza della forza collettiva e l’oppressore torna ad essere un moloch invincibile.
Non riesce a scaldare il cuore neppure la folla di bandiere rosse che rimpie piazza Syntagma durante il comizio del KKE ; eppure si è tra militanti fedeli, temprati da lotte di antico corso, abituati a resistere…..
Tornando verso i Propilei per risalire ad Exarchia, incontro piazza Klaftimonos, ora come a gennaio quartier generale elettorale di Siryza. C’è ancora il tendone che solo qualche mese fa ferveva di entusiasmo e di iniziative; è sempre quello lo schermo gigante su cui una moltitudine in tripudio seguì passo passo lo spoglio delle schede: come dimenticare i canti, gli abbracci, la commozione che accolsero l’annuncio della vittoria? Ma questa sera,dallo shermo, Tsipras parla ad una platea vuota, fatta eccezione per quattro attivisti che, in un tavolo d’angolo, preparano materiale elettorale.
Poco lontano, sotto i portici, sui cartoni della loro miseria, dormono alcuni anziani senza casa;uno tiene tra le mani un libro aperto, cerca di lggere, a quest’ora di notte, sotto la luce dei lampioni.Altri derelitti-molti più che in passato, soprattutto donne- ho visto aggirarsi per le vie della città, poco più che ombre.
Intorno si respira un silenzio avvelenato, una calma inquietante, che non durerà.

Per Pino

PINOPino. L’ho conosciuto e, come tanti, gli ho voluto bene. Era anche lui un insegnante, Cobas, un compagno generoso, sensibile, colto della cultura che si sostanzia di vita e di impegno. Per questo era amato dai giovani, dalla gente semplice.

Se ripenso a Pino, rivedo il minuscolo appartamento, arrampicato in un quartiere popolare, in cui Pino mi ospitò, a Brescia, dopo una serata NO TAV: quelle stanze semplici, affastellate di libri, quaderni e volantini, gli assomigliavano.
Pino incontrò la Valle di Susa che lotta contro il TAV e fece sua questa lotta. In Valle venne più volte, fin dai primi anni 2000, con l’impegno militante e instancabile che lo contraddistingueva.
Lo ricordo a Venaus, a Susa e a Torino, a portare la solidarietà Cobas sui palchi delle manifestazioni NO TAV. Conobbe pure la Clarea, la nostra baita appena iniziata e già sequestrata.
Pino, anche il popolo NO TAV ti saluta e non ti dimenticherà.
Un abbraccio solidale alla tua famiglia e ai compagni.