Ritmo di tamburi ad accompagnare danze che sono insieme di lotta e di gioia

Ritmo di tamburi ad accompagnare danze che sono insieme di lotta e di gioia. Ad esso risponde, sugli stessi toni, la battitura delle reti.
Due realtà contrapposte, divise da pochi metri di strada.
L’una fu terra e bosco ed ora è diventata un fortino, spoglio, circondato da alte reti e da viluppi di filo spinato, dove la lobby del TAV e dei TIR vorrebbe costruire l’ennesimo autoporto.
L’altra da piazzale disabitato, attiguo alla ferrovia e affiancato da uno scampolo di albereta lasciata al degrado è ora il nuovo presidio del movimento NO TAV-NO AUTOPORTO, con una struttura di accoglienza e un minuscolo parco ripulito dai rifiuti.
Qui, all’arrivo della marcia popolare, intorno al presidio c’è un popolo in festa, giunto non solo dalla Valle, ma dai luoghi più lontani. Colori, musica, bandiere e striscioni. Interventi dall’impianto audio che, piazzato su un trattore, ha accompagnato tutta la manifestazione. Acqua e panini per rifocillarsi. Panche all’ombra degli alberi. Abbracci da chi si ritrova.
Il battito dei tamburi aumenta. A danzare sono ragazzi e ragazze, donne e uomini di ogni età.
Il ritmo travolge e sveglia qualcosa dentro, un richiamo ancestrale di altri luoghi e altri tempi. In esso si mescolano commozione e malinconia, come davanti a una scelta senza ritorno o ad una tappa cruciale della vita.
Oltre i muri e le reti c’è un mondo immobile e minaccioso: idranti puntati su di noi, armi e lacrimogeni , blindati in quantità, squadre di automi in assetto antisommossa affiancati dalla digos, la polizia politica….
Ma in questa giornata di sole a picco che si sta stemperando nella dolcezza della sera non c’è posto per angosce e paure, solo per la serena certezza che a vincere non sarà il sistema irresponsabile e violento che si alimenta della distruzione del mondo e la vuole imporre con i propri strumenti di repressione e di morte: lo sguardo sincero dei tanti giovani, i volti dei compagni di sempre , la gioia del riconoscersi e del sentirsi comunità resistente ci dicono che la lotta continua, che non si spegne il fuoco.