
Certo sorriderebbero, certo ci racconterebbero come per una causa giusta e bella valga anche la pena morire. Queste nostre montagne e le strade che tramano il fondovalle sono punteggiate di lapidi che ci parlano di loro, ricordandoci i nomi, l’età, il luogo della morte: giovani poco più che adolescenti, figli di queste borgate, qualcuno soldato di leva spedito fin quassù dal Meridione e qui rimasto come partigiano, dopo l’8 settembre.
A questo penso mentre cammino in mezzo a ragazze e ragazzi che, di questa nostra manifestazione del 25 aprile, costituiscono la parte più numerosa: sono loro a far rivivere, di quei giovani ribelli, lo sguardo sincero e il cuore generoso.
Anche l’esercito di occupazione è ancora qui, mutati nome e divisa ma identico il padrone.
Le truppe e le macchine da guerra schierate a proteggere le ruspe della devastazione che avanza si materializzano come una minaccia insopportabile in questa radiosa giornata di primavera.
Le ragioni irriducibili della antica Resistenza ritornano con forza nella nuova Resistenza del popolo NO TAV.
I papaveri in fiore ci accompagnano lungo il cammino come un tripudio di rosse bandiere, a dirci che la lotta di liberazione non è finita.